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self.

... "Arrivo."
Alla vista del messaggio mi sentii fremere, quello che fino a pochi giorni fa era il luogo nel quale rifugiarsi iniziò a subire una metamorfosi: ogni nozione di realtà e certezza sfuggiva da quel posto facendo spazio a vertigini e disorientamento.
Lei stava arrivando, si avvicinava come si avvicina un temporale: lo si percepisce perché l'aria è elettrica, vengono i brividi e i capelli si rizzano.
Per placare l'ansia mi distesi e presi furiosamente a sfogliare un qualsiasi libro tratto dalla mia borsa. Lo sguardo però andava oltre le pagine stampate, ad Elena in sella alla sua bicicletta rossa. Chiusi quindi gli occhi, presi a respirare a pieni polmoni fino a quando non sentii un leggero stridio di fianco a me. Faticosamente mi volsi, riconobbi le scarpe ch'ella indossava, quella greca che tanto amava. Da li corsi con lo sguardo su su, fino ai suoi capelli: essi erano amabilmente spettinati e ciò non poteva che farmi piacere, spesso le confessavo che adoravo questo particolare aspetto, quando ancora ero io a spettinarglieli.
Rimasi, quindi, in silenzio un istante di troppo, ammirandola con occhi scintillanti nel suo breve periodo d'affanno per la pedalata. Non volendo risultare banale evitai di proferire parola facendo parlare lei per prima.
Iniziammo così a discutere di stelle, di rosso, d'eventi... o forse no. Forse non ricordo.
Mi credevo lontano da tutto, come in un mio mondo immaginario, dov'ero solo io ed Elena, fianco a fianco, senza però mai guardarsi negli occhi o toccarsi, come se ci fosse stato il rischio di contaminarsi o di spezzare quel sottile filo che ancora ci univa, come se le nostre strade in fondo fossero parallele e quindi intangibili.
Essa taceva i suoi sentimenti come lo stesso facevo io, solo il traffico furioso e il vocio insistente faceva ripiombare entrambi, di tanto in tanto, nella realtà cittadina nella quale eravamo immersi.
Trascinatisi così per diversi metri, accavallatesi frasi che si sarebbero potute non dire, parole vuote, giusto per riempire lo spazio tra un passo e l'altro, arrivò il momento dell'addio, istante agognato ed atteso, quasi non aspettassi altro che questo supplizio terminasse, che dell'incontro stesso non rimanesse che un bacio.
Mi avvicinai a lei, desideroso di sfiorare ancora una volta quella candida pelle e di annusare il suo inconfondibile profumo esalante dal collo. Appena sfiorata la sua gota dalle mie sottili labbra, venni investito dalla sua fragranza.
Non resistendo alla tentazione chiusi gli occhi e venni proiettato in una molteplicità di esperienze passate indefinibili ma tutte quanto mai candide e fiabesche.
Talmente fui estasiato da queste visioni che non mi accorsi che era lei ora a baciarmi.
Fu quasi un risveglio traumatico che si tramutò immediatamente in un immensa sensazione di leggerezza, piacere e godimento. La vista si appannò mentre le sue giovani e carnose labbra, premendo con grazia, si soffermavano un filo di troppo sulla mia pelle, comunicando chissà quanti buoni intenti e volontà.
Intanto il mio cuore si era sciolto e così anch'io; terrorizzato, quindi, dal fatto di poter compiere atti inopportuni, di poter rovinare quanto atteso per mesi, di farmi vedere in tutta la mia sincera fragilità, di compiere un gesto d'amore scellerato, mi girai senza guardarla, con occhi socchiusi e lacrime abbondanti, scappando per il dolore da quel sogno tanto agognato e desiderato."

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... "Arrivo."
Alla vista del messaggio mi sentii fremere, quello che fino a pochi giorni fa era il luogo nel quale rifugiarsi iniziò a subire una metamorfosi: ogni nozione di realtà e certezza sfuggiva da quel posto facendo spazio a vertigini e disorientamento.
Lei stava arrivando, si avvicinava come si avvicina un temporale: lo si percepisce perché l'aria è elettrica, vengono i brividi e i capelli si rizzano.
Per placare l'ansia mi distesi e presi furiosamente a sfogliare un qualsiasi libro tratto dalla mia borsa. Lo sguardo però andava oltre le pagine stampate, ad Elena in sella alla sua bicicletta rossa. Chiusi quindi gli occhi, presi a respirare a pieni polmoni fino a quando non sentii un leggero stridio di fianco a me. Faticosamente mi volsi, riconobbi le scarpe ch'ella indossava, quella greca che tanto amava. Da li corsi con lo sguardo su su, fino ai suoi capelli: essi erano amabilmente spettinati e ciò non poteva che farmi piacere, spesso le confessavo che adoravo questo particolare aspetto, quando ancora ero io a spettinarglieli.
Rimasi, quindi, in silenzio un istante di troppo, ammirandola con occhi scintillanti nel suo breve periodo d'affanno per la pedalata. Non volendo risultare banale evitai di proferire parola facendo parlare lei per prima.
Iniziammo così a discutere di stelle, di rosso, d'eventi... o forse no. Forse non ricordo.
Mi credevo lontano da tutto, come in un mio mondo immaginario, dov'ero solo io ed Elena, fianco a fianco, senza però mai guardarsi negli occhi o toccarsi, come se ci fosse stato il rischio di contaminarsi o di spezzare quel sottile filo che ancora ci univa, come se le nostre strade in fondo fossero parallele e quindi intangibili.
Essa taceva i suoi sentimenti come lo stesso facevo io, solo il traffico furioso e il vocio insistente faceva ripiombare entrambi, di tanto in tanto, nella realtà cittadina nella quale eravamo immersi.
Trascinatisi così per diversi metri, accavallatesi frasi che si sarebbero potute non dire, parole vuote, giusto per riempire lo spazio tra un passo e l'altro, arrivò il momento dell'addio, istante agognato ed atteso, quasi non aspettassi altro che questo supplizio terminasse, che dell'incontro stesso non rimanesse che un bacio.
Mi avvicinai a lei, desideroso di sfiorare ancora una volta quella candida pelle e di annusare il suo inconfondibile profumo esalante dal collo. Appena sfiorata la sua gota dalle mie sottili labbra, venni investito dalla sua fragranza.
Non resistendo alla tentazione chiusi gli occhi e venni proiettato in una molteplicità di esperienze passate indefinibili ma tutte quanto mai candide e fiabesche.
Talmente fui estasiato da queste visioni che non mi accorsi che era lei ora a baciarmi.
Fu quasi un risveglio traumatico che si tramutò immediatamente in un immensa sensazione di leggerezza, piacere e godimento. La vista si appannò mentre le sue giovani e carnose labbra, premendo con grazia, si soffermavano un filo di troppo sulla mia pelle, comunicando chissà quanti buoni intenti e volontà.
Intanto il mio cuore si era sciolto e così anch'io; terrorizzato, quindi, dal fatto di poter compiere atti inopportuni, di poter rovinare quanto atteso per mesi, di farmi vedere in tutta la mia sincera fragilità, di compiere un gesto d'amore scellerato, mi girai senza guardarla, con occhi socchiusi e lacrime abbondanti, scappando per il dolore da quel sogno tanto agognato e desiderato."

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